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Studio Faggioni - Yacht Design
Gozzo 10 Aprea

The Sorrentine Gozzo. Development following Tradition

Oggetto rif.:  
Titolo: The Sorrentine Gozzo. Development following Tradition
Magazine: NauTech
Numero: 3/2018
Anno: 2018
Allegato (pdf/doc): Nautech 3.18_Gozzo Faggioni Aprea-20180629-170504.pdf
Ulteriori Info: Link  »» 

Il gozzo Sorrentino
Sviluppo del tipo in continuità con la tradizione.
Di Giacomo Gori

Il progetto GOZZO 10 realizzato da Studio Faggioni e da Antico Cantiere del Legno Aprea mette in atto un'interessante rilettura del gozzo sorrentino nel rispetto della filosofia e delle forme tradizionali con l'introduzione di significative innovazioni costruttive. Gozzo 10, Gozzo 12 e Gozzo 14 sono altri progetti pronti che seguono la stessa filosofia. 

Dati Gozzo 10
Lunghezza ft: 10,00 m
Baglio max: 3,30 m
Immersione max: 0,70 m
Motorizzazione: 1 x 110 hp Diesel
Velocità max prevista: 11 nodi

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La collaborazione fra lo Studio Faggioni di La Spezia l'Antico Cantiere del Legno Aprea di Sorrento è iniziata nel 2001 per il restauro di un gozzo sorrentino trovato in pessime condizioni nella campagna toscana. Racconta Stefano Faggioni: "Ricordo in un primo momento la diffidenza di Nino e di Mastro Cataldo suo padre, che fino ad allora non avevano forse mai collaborato con progettisti navali perché ancora legati alla costruzione tradizionale con il "mezzo garbo". L'obiettivo per noi era quello di introdurre in quel magnifico cantiere di Marina Grande il concetto di restauro che fino ad allora era per loro semplice ed abituale  riparazione. Non impiegammo molto a capire che quella collaborazione ci avrebbe portato ad un grande risultato e che sarebbe andata sicuramente oltre i confini del gozzo sorrentino".
Quel gozzo si chiamava Pianosa ed il restauro gli valse il titolo di Bene di Interesse Storico Nazionale da parte del Ministero dei Beni Culturali. Poi venne La Spina, altro impeccabile restauro, ed altre collaborazioni su piccoli o medi interventi.
Da allora, fino ad oggi, si è sviluppato una sorta di sodalizio fra lo studio spezzino e il cantiere di Sorrento rafforzato, oltretutto, dalla storia similare delle due famiglie titolari degli stessi. Originarie di luoghi distanti geograficamente centinaia di chilometri la famiglia Aprea e la famiglia Faggioni vantano una storia antica che trova nella costruzione navale un fortissimo elemento di comunione che quasi crea una "fusione" di famiglie con una solida amicizia che va aldilà del rapporto lavorativo.


Il Gozzo 10. Tradizione, fiera lentezza e produzione in serie
Il concept di questo progetto trova origine nell'idea di offrire una barca tradizionale in legno ad un pubblico che fino ad oggi ha dovuto rinunciare a questo sogno per la grande differenza di costi produttivi e manutentivi fra uno scafo realizzato in fasciame tradizionale calafatato e uno in vetroresina. "Erano anni che Nino pensava di investire in un progetto di questo tipo -prosegue Faggioni- e, nel 2010, demmo vita a quello che chiamammo progetto "slow coast". Si prevedeva la produzione in serie di un tipo di barca tradizionale, ecologica e fieramente lenta nella sua navigazione sotto costa, totalmente contro tendenza rispetto a quella che è ancora oggi la maniera di andar per mare. Allora i tempi non erano evidentemente ancora maturi, anche perché slow coast aveva, ed ha ancora, l'ambizione di essere una filosofia, una sorta di movimento il cui fine non è solo la costruzione di nuove imbarcazioni".
Oggi, l'Antico Cantiere del Legno di Giovanni Aprea (ACL Aprea) si è ampliato nella zona di Torre Annunziata e si sono venute a creare le condizioni favorevoli perché questo progetto potesse prendere vita. L'utilizzo di tecnologie costruttive che utilizzano macchine a controllo numerico, legno lamellare e legno multistrato ha reso possibile ipotizzare la produzione in serie di gozzi lignei tradizionali sorrentini e di ottenere una accelerazione nella produzione (forte riduzione dei tempi di produzione, soprattutto nella realizzazione di ossature e bagli che arrivano a pezzi già tagliati pronti da assemblare) con costi contenuti. 
Se questo concept sarà una sfida vinta -questa la scommessa del progettista e del cantiere soprattutto rispetto al mercato campano "che ha ancora molta cultura dell'andar per mare"- e se i tempi siano effettivamente maturi, lo dirà il mercato stesso. Sulla carta non è possibile valutare fino in fondo l'impatto sui possibili armatori di questo tipo di imbarcazione, ma il varo di questo primo prototipo, previsto per agosto 2018, è ormai vicino...

Metodologie costruttive
Il gozzo è stato interamente progettato al computer: ordinata dopo ordinata è stato disegnato tridimensionalmente ogni particolare dell'imbarcazione. Tutte le parti sono state poi fisicamente realizzate fresando con l'ausilio di macchine a controllo numerico a cinque assi pannelli di multistrato o blocchi grezzi in legno lamellare. Sono stati accuratamente valutati in fase di disegno vettoriale tutti i dettagli costruttivi, i vari incastri fra le parti con relative tolleranze fino ad arrivare ai "quartaboni" delle ordinate (cioè gli angoli che alle diverse altezze dello scafo, la superficie esterna dell'ordinata deve avere per essere perfettamente aderente al fasciame). In questo senso il lavoro di progettazione e quello del cantiere hanno raggiunto un livello di continuità notevole. Questo modus operandi ha permesso la preservazione del tradizionale agire dei maestri d'ascia che in un'unica azione senza soluzione di continuità progettavano e realizzavano fisicamente le imbarcazioni.

L'ambizione: dare un'anima alla produzione in serie
L'assemblaggio delle parti e le finiture sono ovviamente eseguite a mano: la produzione seriale entra così in continuità con una realizzazione altamente artigianale. 
Già nell'esecuzione del restauro di La Spina Faggioni, sapendo che molte parti lignee dell'imbarcazione sarebbero state realizzate a macchina, aveva previsto una finitura manuale, con le caratteristiche piccolissime imperfezioni del caso. Consapevolmente, queste piccole imperfezioni -normali segni di lavorazione artigianale- "scaldavano" l'effetto del finito donando un valore aggiunto che prescinde dalla perfezione delle fredde macchine. Nel caso di Gozzo 10 tutto si svolge come in una normalissima produzione di serie con l'unica differenza che la presenza finale di manodopera artigianale è più evidente che in altre. È una variabile spontanea, non studiata ma prevista, che rende unica ogni barca. "l'ambizione era proprio quella di dare un'anima alla produzione in serie che qui perde la sua impersonalità..." conferma Faggioni. Questo approccio seriale/artigianale non è certamente radicale rispetto alla tradizione. Tuttavia è possibile che questa modalità produttiva consenta -preservandola dal rischi dell'estinzione- proprio alla tradizione di sopravvivere trovando nuova linfa.
Prosegue Faggioni: "sinceramente credo che un tipo di costruzione così, che attinge a piene mani dalla tradizione dei maestri d'ascia e strizza l'occhio alla nuova tecnologia, poteva essere realizzata solo da Giovanni "Nino" Aprea il cui cantiere non ha mai abbandonato l'utilizzo del legno. In questi anni Nino ha ampiamente dimostrato di saper portare avanti un nome pesante nel mondo delle barche in legno fondendo tradizione ed innovazione.
Mi piace poi credere che in questo abbia influito anche la nostra costante collaborazione e ricerca di un modo alternativo di fare nautica, una nuova applicazione dell'Arts and Crafts alla William Morris".

La progettazione dello scafo
Nella stesura del progetto delle forme di carena e dello scafo c'è stato uno scambio continuo di  idee e considerazioni fra Studio Faggioni e ACL Aprea. Il cantiere, che di fatto era il committente di questa operazione, ha richiesto fin dall'inizio di seguire il più possibile le forme del gozzo sorrentino. L'ispirazione per l'impostazione dello scafo, incluso le caratteristiche "schiocche" ovvero le parti terminali a poppa e a prora della falchetta sono di fatto peculiarità di questo tipo di imbarcazione. Lo studio di progettazione ha proposto in varie occasioni soluzioni -pur rispettose della consuetudine sorrentina- innovative: gli scalmotti ad esempio non sono in legno ma in acciaio satinato e si inseriscono con coerenza azzerandosi sul trincarino.

La coperta -puntualizza Stefano Faggioni- è volutamente realizzata con corsi di iroko paralleli al piano diametrale non alla falchetta. Un sistema talmente tradizionale che oggi, parzialmente dimenticato, costituisce una novità, quasi un'anomalia".
Per quanto riguarda la propulsione, nelle prime fasi del progetto era stata logicamente ipotizzata l'installazione di un armo a vela latina con motore ausiliario. E' stata poi portata avanti la soluzione con propulsione esclusivamente a motore; sopravvive l'albero che, ridotto in altezza, è utile per reggere il tendalino. E' comunque previsto che, qualora il cliente lo desideri, si possa ottenere la versione del gozzo a vela. E così, come vuole anche la tradizione -"non esiste un gozzo sorrentino uguale ad un altro"-, è previsto che gli armatori possano richiedere personalizzazioni a progettista e cantiere vari gradi di personalizzazione ed adattamenti alle varie destinazioni d'uso, siano esse diporto vela o motore, pesca o trasporto.

Layout
Gozzo 10 nasce con forte vocazione diportistica. Il prototipo in via di completamento sarà un day cruiser in grado di far vivere all'armatore e ai suoi ospiti il mare secondo l'idea di un lento, "e per questo piacevole", navigare e che consenta uno stretto rapporto con il mare.
Il pozzetto poppiero consente ad un gruppo nutrito di amici di pranzare all'aperto su di un tavolo centrale in piena comodità. Questo aspetto conviviale (lo "slow cost" del concept richiama per assonanza e, soprattutto, per filosofia lo "slow food") è un aspetto fondamentale. E proprio per questo all'interno, appena entrati sulla sinistra, è stato previsto un piccolo ma efficace cucinotto che permetterà di cucinare il classico spaghetto a vongole. Antistante al cucinotto sulla dritta si trova un bagnetto chiuso attrezzato con lavabo e wc; la doccia è solo in coperta.  
A proravia di questi due volumi ed ancora all'interno della tuga troviamo due sedute che danno agli ospiti imbarcati la possibilità di sedere al chiuso. Nella zona prodiera sottocoperta troviamo un unico materassone da murata a murata che farà da turca per la "siesta" o da letto per trascorrere la notte. 
Gli interni saranno pittati di bianco con inserti di Olmo nazionale.


Tecnologie di costruzione
La barca è a struttura trasversale. La chiglia è stata assemblata con masselli di iroko e la sua preparazione ha richiesto grande attenzione da parte delle maestranze, non a caso esperte, perché ogni elemento successivo dell'ossatura avrebbe dovuto essere collocato con precisione nei punti previsti dal disegno tridimensionale per evitare conseguenti disavviamenti nel fasciame. Anche il massiccio di poppa e il dritto con il contro-dritto di prua sono stati scolpiti con l'utilizzo della fresa da "grezzi" in lamellare.
Le 26 costole che costituiscono l'ossatura trasversale sono poste a intervalli costanti e si appoggiano sulla chiglia. Sono legate fra loro dal paramezzale centrale in iroko, da 3 serrette e da un dormiente esterno anch'essi in iroko. Ogni costola è un anello strutturale chiuso ed è composta (per limitare gli "sfridi" nel taglio dai pannelli) di 4 elementi: un madiere, due staminali e un baglio. Tale anello chiuso, a differenza di quanto accade con i  metodi tradizionali, consente di avere elementi non più affiancati l'uno con l'altro, ma giacenti complanarmente sul medesimo piano. Una struttura siffatta ha un rapporto peso resistenza molto favorevole oltre ad essere anche esteticamente più pulita. Ogni elemento -come già detto- è stato tagliato con una fresa a controllo numerico a 5 assi che garantisce una precisione al decimo di millimetro. L'alta precisione dei tagli ha consentito di studiare ogni superficie dei bordi dei vari pezzi con angoli di "quartabono" corretti e incastri di giunzione con assoluta precisione. Gli incastri a palella sono stati studiati per  ridurre al minimo il rischio di imprecisioni o errori umano durante l'assemblaggio: tutti gli elementi sono uniti fra loro con l'ausilio di colla epossidica, perni e viti in acciaio inox.
In cantiere conseguentemente il montaggio delle parti -ogni singolo elemento è marcato univocamente da un numero durante la fresatura- può avvenire speditamente, senza incertezze, correzioni o "calettature" da effettuare avendo comunque garanzia del rispetto della forma finale così come prevista dal disegno.
Lo scafo attualmente terminato, il numero 1, ha un doppio strato di fasciame di mogano disposto in longitudinale e a corsi sfalsati incollato con resina epossidica. Si ottiene così un "guscio" molto resistente e a prova di infiltrazioni. Per le tavole del torello e della cinta sono stati previsti dei ringrossi nello spessore solo per motivi "linguistici" e di rispetto della tradizione.
I prossimi scafi saranno però modificati e saranno realizzati dal cantiere con corsi di fasciame sovrapposti secondo un angolo di 45°. Ovviamente, questo tipo di fasciame non prevede calafataggio con evidenti vantaggi sui costi di manutenzione.





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