Un ruggito d'oltreoceano
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Titolo: | Un ruggito d'oltreoceano |
Magazine: | Yacht Digest |
Numero: | - |
Anno: | 2009 |
Allegato (pdf/doc): | LeoneCaprera (1)-20120903-224725.pdf | Ulteriori Info: | Link »»  |
Dopo un lungo restauro promosso dall'Associazione per il recupero delle imbarcazioni d'epoca, rinasce il Leone di Caprera. Simbolo del patriottismo di Vincenzo Fondacaro, Orlando Grassoni e Pietro Troccoli, attende per? ancora il suo posto. Dove poter raccontare la sua mitica transatlantica
cos? ? rinato il leone
Il Leone di Caprera ? un battello estremamente solido, uno scafo magistralmente realizzato dal maestro d'ascia Luigi Briasco di Montevideo nel 1879. Era infatti nelle intenzioni dello stesso Vincenzo Fondacaro aspirare a donare la barca a un museo una volta sbarcato in Italia, a testimoniare la genialit? e la capacit? dei costruttori italiani all'estero. Una sorta di portabandiera di chi la patria la poteva solo sognare e per questo la idealizzava.
La bellezza degli accessori, infatti, non ha eguali e la raffinatezza dei particolari stupisce se si pensa che la barca venne costruita con enormi sacrifici economici da parte del Fondacaro che si ingegnava per trovare fondi presso improbabili sponsor. Lo scafo arrivato in cantiere a Livorno dopo anni di sofferenze tra il cortile di un museo e una grotta in riva al mare, presentava un fasciame straordinariamente sano, ancora con l'opera viva ricoperta dalle sue lastre di rame originali. La coperta, invece, aveva sofferto tutti gli sbalzi di temperatura e lo stillicidio perpetuo della grotta che insistendo in particolar modo sul lato di dritta, aveva completamente eroso le doghe, penetrando cos? all'interno fino a corrompere il fasciame interno e parte di quello esterno fino alla lastra di rame. I bagli, stranamente posizionati di piatto per non ridurre la gi? esigua altezza interna, erano completamente deteriorati e avevano col tempo perduto la loro originale bolzonatura.
L'operazione prima indispensabile, ? stata quella del rilievo dello stato dell'imbarcazione, eseguito con la tecnica della fotogrammetria dal professor Guidi del Politecnico di Milano coadiuvato da alcuni studenti e collaboratori. Dopodich?, il cantiere ha proceduto alla costruzione di una sella (che verr? usata anche per il trasporto) indispensabile per mantenere intatte le forme dello scafo. Solo dopo queste operazioni, hanno avuto inizio i lavori di restauro. Da subito si ? rimosso il fasciame di coperta prestando grande attenzione alle pessime condizioni del legno e al fatto che, comunque, era ancora unito ai bagli da chiodi in rame ribattuti all'interno. Ogni singola doga ? stata numerata e adagiata a lato dello scafo su un piano orizzontale in maniera da ricomporre la coperta in ogni sua parte. ? stato allora possibile operare all'interno dello scafo rimuovendo dapprima i numerosi serbatoi stagni di zinco che servivano a rendere il battello "inaffondabile" (su uno di questi si ? scoperta addirittura la data e la firma dell'esecutore) e successivamente a realizzare sei bagli in lamellare per irrobustire la struttura e ripristinare la bolzonatura originale perduta con il cedimento dei vecchi bagli. Dopo aver risanato anche il fasciame interno danneggiato e trattato il tutto con impregnante anti-teredo si ? proceduto all'inverso fino a richiudere completamente lo scafo, a sostituire il vecchio tambuccio e a chiudere i buchi di coperta con legno di iroko, in modo da rimarcarne l'intervento. Tutte le ferramenta di coperta sono state smontate, catalogate e semplicemente pulite dalla patina verde, non spazzolate a macchina n? tanto meno trattate con prodotti chimici. Il risultato ? un bene storico che conserva intatta tutta la sua affascinante patina del tempo e che non mostra affatto i segni di un grande lavoro di restauro, tanto accurato da svanire agli occhi di chi lo ammira.
(Stefano Faggioni , presidente del comitato per il restauro)
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