Yali
Quando ero ragazzo, libero dagli impegni scolastici, mi piaceva andare in barca con gli amici e siccome mio padre, che era comproprietario di un Cantiere di riparazioni alle Grazie nel Golfo della Spezia (attuale Cantiere Valdettaro), si recava a lavorare con il suo gozzo, lo andavo spesso a trovare per usare la sua barca mentre era impegnato nelle sue mansioni.
Ricordo che una volta alla fine degli anni '50, a primavera inoltrata, dopo essermi imbarcato nel gozzo e disposto i remi alla voga, alzai lo sguado e rimasi immobile ad osservare uno scafo bellissimo, tirato a secco e puntellato, tutto bianco con la carena rossa; visto dal livello del mare sembrava ancora pi? imponente. La poppa era slanciata e protendeva oltre la carena terminando in uno specchio che, in proporzione resto dello scafo, sembrava piccolo. Su questo faceva spicco un nome che non ho mai dimenticato: Yali.
Incuriosito e ingordo di notizie tempestai mio padre di domande riguardanti questa splendida barca e lui, da buon costruttore ed esperto Maestro d'Ascia, mi esaud? approfittandone per disquisire su forme e caratteristiche delle imbarcazioni a vela che, per distinguerle dalle navi mercantili dello stesso tipo, chiamava semplicemente "Lord", a significare che questo sport era nato in Inghilterra e quasi sempre da persone blasonate. Seppi inoltre che all'epoca lo yacht in questione era di propriet? di una delle gi? grandi ed importanti famiglie industriali italiane, i Pirelli.
Visitai Yali in lungo e in largo e rimasi affascinato dal suo ponte, dagli ottoni che risplendevano, dalle fitte manovre fisse e correnti che scendevano in coperta, dalla profusione della vernice coppale sulle murate, sui bordi, nella tuga, sugli osteriggi e soprattutto rimasi affascinato dalla bellezza degli interni con le paratie completamente impannellate e riquadrate con corniciature molto eleganti.
Eh si, Yali mi sembrava lo yacht pi? bello del mondo, anche se in seguito ne vidi altri pi? belli ed eleganti; ma all'epoca la nautica italiana non era certo quella di oggi e vedere un panfilo a secco, toccarlo, visitarlo, non era una cosa che capitava tutti i giorni.
Da allora lo persi di vista e non trovai nessuna notizia che lo riguardasse sulle riviste specializzate. Lo rividi pi? di 25 anni dopo nel porticciolo di Lavagna ma non era pi? Yali dei miei sogni. Si trovava in condizioni pietose di estremo abbandono. Disalberato, lo scafo scrostato che non era stato pi? pitturato da molti anni, ormeggiato con quattro cavi consunti e sfilacciati, il ponte di coperta malridotto con le tavole sconnesse e deformate. La bella vernice coppale di un tempo era sparita, la tuga e i boccaporti irriconoscibili, la carena emergente dall'acqua di trenta centimetri abbondanti stava a significare che era stato quasi interamente smantellato.
Ne rimasi turbato come mi era capitato tempo prima come se avessi finalmente ritrovato un amico di giovent? ma malato ed invecchiato. Seppi allora che Yali non apparteneva pi? all'armatore di un tempo e certamente chi l'aveva posseduto dopo di lui non l'aveva amato. Per fortuna il nuovo proprietario [1985] se ne innamor? e quando mi diede l'incarico di provvedere al restauro mi sembr? di colpo di tornare ragazzo.
Il motivo di questa attrazione forse ? legato a quelle sensazioni che colpiscono i ragazzi quando si trovano di fronte a qualcosa di splendido ed inusuale che vorrebbero avere. Questo feeling per lo yacht della mia infanzia ? sempre rimasto vivo e l'occasione di restaurarlo mi consent? anche di conoscere vita morte e miracoli di questo bellissimo scafo.
Lo scafo di Yali ? interamente costruito in legno con chiodature di bronzo e ottone; le ossature, la chiglia ed i dritti sono in Olmo inglese, le serrette ed il dormiente sono in Larice mentre il fasciame di carena e di coperta sono in Teck come consuetudine nell'Inghilterra del tempo poich? questo legno arrivava a profusione e a basso costo dalle colonie dell'Impero.
La zavorra ? quella originale in piombo con perni in bronzo. La tuga ed i boccaporti sono in teak con ferramenta in bronzo e l'alta impavesata che protegge il ponte ? in teak come gli scalmotti che la sorreggono. La ferramenta dell'attrezzatura velica di coperta ? parte in bronzo e parte in acciaio forgiato e zincato a caldo cos? come i collari dell'alberatura. Dell'alberatura originale in legno arrivati a noi solo il bompresso ed i boma, il precedente proprietario aveva infatti sostituito gli alberi di legno con altri in lega leggera.
Non appena fu possibile tirare in secco lo scafo presso il Cantiere Beconcini della Spezia, feci immediatamente un accurato inventario dei pezzi superstiti dell'allestimento e mentre le maestranze procedevano allo smontaggio di tutte le parti interne ed esterne, avviai le ricerche del materiale grafico originale. I frutti non tardarono ad arrivare e riuscii a mettere insieme parecchie copie di disegni originali Camper & Nicholson, soprattutto dettagli, che mi sono stati di grande aiuto nel completare l'allestimento degli accessori di coperta.
Mancava il piano di costruzione che mi era indispensabile per eseguire i calcoli di carena e allora feci un rilievo molto accurato della forma di carena ridisegnando fedelmente la linea di tutto lo scafo. Praticamente, da quel momento iniziai a progettare il restauro della barca rilevando e ridisegnando la sezione maestra e il piano dei legni misurando la superficie bagnata e stabilendo la superficie di velatura.
Mancando l'alberatura, fu progettata quella nuova in legno ed un nuovo piano velico il pi? possibile vicino all'originale.
Sono stati rifatti i piani generali (variando solo sensibilmente lo schema di compartimentazione originale) apportando all'interno alcune variazioni dettate dalle esigenze dell'armatore ma facendo attenzione a non alterare le parti originali di maggior pregio come il salone, la scala di discesa, il corridoio, la cabina armatoriale ed il deck house.
L'interno ? suddiviso in un modo che definirei moderno; a poppa estrema un cala per vele e cordami che precede la sala macchine separata ed indipendente da tutto il resto degli alloggi. A proravia di questa ? situata la cabina padronale molto ampia con due comode cuccette con tanto di sedute per potervi accedere, cassettone, armadio, scrittoio ed un comodo bagno; da un corridoio che comunica con una saletta nautica si accede alla cucina e alla scala di salita in coperta attraverso il deck house. Dal corridoio di accede al salone posto, come ? logico, nella parte pi? comoda dello scafo. Dal salone si accede a due cabine ospiti con un comodo bagno utilizzabile da entrambe attraverso due porte. A proravia ? ricavato l'alloggio per tre uomini di equipaggio con bagno, armadi, ripostigli ed un accesso indipendente con tambuccio in coperta.
Ogni cabina ? dotata di osteriggio lucernaio separato mentre nel salone fa spicco un ampio lucernaio con quattro boccaporti apribili. Tutto il legno degli interni ? in gran parte quello originale di mogano dell'Honduras di primissima qualit? mentre le parti ricostruite sono state fatte seguendo lo stile e le proporzioni di quelle originali. Tutte le parti recuperate sono state accuratamente smontate, ripulite, restaurate e successivamente ricollocate al proprio posto.
Yali ? nato in Inghilterra nel 1924 nei Cantieri Camper & Nicholson di Gosport (UK) su progetto di Charles E. Nicholson per Sir A. L. Goodson che la tenne fino al 1928. Il suo nome di battesimo era Kathleen. Era stata progettata per essere una comoda barca da crociere di lunga durata come dimostrano i dati tecnici.
In origine ? armata a ketch ma nel 1929 subisce la conversione a yawl, che mantiene fino al 1948 anno in cui viene riconvertita a ketch come ? tuttora. Nel 1938 cambia il nome in Yali.
Il motore originale era un Kelvin da 45 HP, pare a petrolio ma non ? certo. Nel 1949 ? stato sostituito da un Perkins diesel da 100 HP che nel 1959 ? stato rimpiazzato da un OM diesel da 120 HP installato a Genova presso le Officine Campanella. Infine, nel 1985 abbiamo installato il motore attuale, un Caterpillar 3208 da 228 HP.
Dal 1938 al 1944 lo yacht rimane in disarmo ad Elsinore in Danimarca. Il secondo conflitto mondiale lascia un segno su Yali. Durante un'incursione aerea, infatti, una pallottola inglese passa lo scafo dal lato sinistro entrando in zona bagno ospiti ed uscendo dalla parte opposta attraverso l'armadio biancheria.
Sino al 1956 ebbe altri quattro armatori quando venne acquistata dall'ingegner Leopoldo Pirelli che la tenne fino agli anni '70. Segu? un lungo periodo di decadenza e abbandono nel porticciolo di Lavagna. L'ultimo proprietario ? un italiano che si ? innamorato di Yali, mi ha affidato il progetto di restauro per riportarlo all'onore del mare ed ha cambiato il nome in Shaula [1990].
Questa, per sommi capi ? la storia di Yali, una barca a cui mi lega un lungo e sottile filo di memorie e che sono fiero di aver riportato all'antico splendore, almeno spero.
Ugo Faggioni
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